Ho proposto ai miei studenti di quarta superiore un’attività di lettura dei giornali. Ciascuno aveva un computer e dovevano confrontare alcune testate filo russe (la versione inglese della Pravda e un’agenzia governativa di stampa) con altri giornali del resto del mondo (inglesi, americani, italiani ma anche il sito di Al Jazeera), e vedere con quanta differenza veniva raccontata la guerra in Ucraina.
Quando ho progettato la lezione mi aspettavo un coro di “Oh, Ahh… ma guarda cosa leggono i russi!” e via così. Pensavo che sarebbe diventata una lezione sui totalitarismi, sulla libertà di stampa, su come si possono trasformare le notizie.
La realtà è stata completamente diversa. Intanto i miei studenti hanno sollevato una difficoltà pratica: “Come facciamo a confrontare due articoli se non raccontano esattamente la stessa vicenda?”. Servivano elementi concreti, e così li ho guidati a cercare i numeri. “Guardate il numero delle vittime, dei soldati catturati, dei profughi: sono dati significativi sul modo di narrare il conflitto”.
Alla fine delle due ore ho letto le loro brevi relazioni. Il tono era sorprendentemente simile, e in linea di massima si può riassumere così: “I russi dicono questo, gli ucraini dicono quest’altro, chi ha ragione non si sa.”
Come non si sa? Da una parte c’è la stampa libera, da quell’altra è controllata dal governo… come è possibile che non sappiano da che parte schierarsi? Credo che sia il frutto di anni di insistenza scolastica sul “ragionare con la propria testa”, “non prendere per oro colato tutto ciò che si legge o si sente dire”, “la verità è sempre più sfumata di come sembra” eccetera eccetera.
Hanno attinto da quanto la scuola per anni ha insegnato loro, e hanno prodotto una relazione “scolasticamente corretta”. Eppure… eppure se i giovani, i quasi ventenni non si infiammano più di rabbia contro l’ingiustizia, e sono diventati così tiepidi ed equidistanti, mi viene da chiedere dove abbiamo sbagliato. E soprattutto, come si può rimediare?
Comments