- silviabogliolo
I copioni

C’è stata una simulazione della prova di Maturità di matematica. Gli studenti di quinta hanno avuto 5 ore – tutta la mattina – per affrontare una prova simile a quella che troveranno all'esame, con un clima in classe che voleva riprodurre la solennità dell’Esame di Stato. Banchi distanziati. Cellulari e smartwatch depositati sulla cattedra. Niente domande. Foglio da firmare con l’indicazione dell’orario se si ha bisogno di andare in bagno.
I professori della mattina si danno il cambio nella sorveglianza.
Cinque ragazzi della mia classe hanno trovato il modo di imbrogliare. Entrano e lasciano un telefono cellulare sulla cattedra, ma si sono organizzati e in tasca ne hanno un altro.
Passa una mezz’ora e chiedono di andare in bagno. Ci sono app e siti internet dove digitando un quesito matematico, si trova la soluzione. È quello a cui si affidano: vanno nel bagno e guardano lo svolgimento dei calcoli. Ma copiare non è banale: alcuni siti danno la soluzione finale, senza passaggi intermedi. Altri danno l’intero svolgimento dei calcoli, ma molto dettagliato, con tante righe.
I cinque ragazzi non possono trascrivere sulla carta tutti i passaggi, è troppo rischioso. Non hanno nemmeno la preparazione sufficiente a capire il tipo di calcolo e saperlo riprodurre… se fossero così bravi, non avrebbero bisogno di questi sotterfugi. La soluzione più semplice è memorizzare solo il risultato.
Guardano, memorizzano, tornano in classe e lo scrivono sul compito. Poi passano all’esercizio successivo. E devono fare la stessa cosa. L’insegnante di sorveglianza è cambiato. Ma ecco il trucchetto: si può cambiare anche il foglio su cui scrivere l’orario in cui si va in bagno. Se ne prende uno nuovo, dalla pila, e l’insegnante penserà che si esce per la prima volta. Sono diabolici…
Però la prof. di matematica quando ha corretto i compiti si è insospettita per questi risultati stringati, senza nessun passaggio che spiegasse come ci sono arrivati. E un’occhiata ai fogli delle firme ha confermato i dubbi: dolo. E non una sbirciatina al compito del compagno bravo – tutto sommato legittima e comprensibile – ma imbroglio organizzato. Che amareggia e delude.
Cerchiamo di “reagire” in modo adeguato. Alla predica della professoressa, segue una convocazione dalla preside. I ragazzi vengono chiamati in presidenza per una ramanzina “ufficiale”: scorrettezza, fiducia infranta, oltre al rischio di rimetterci l’anno se dovesse ripetersi una cosa simile alla Maturità.
Insomma, alla fine l’unica che – tipo oca giuliva – chiede allegra: “Be’, ragazzi, dovete riferire qualcosa alla classe, di quanto ha detto la preside?” sono io.
La mattina della simulazione era il mio giorno libero, io ho saputo tutta la storia solo a posteriori. Però ero in classe quando è venuta la bidella a chiamare i famigerati cinque per l’incontro con la preside. E i compagni si sono guardati perplessi. Così quando sono rientrati, con delle facce un po’ da funerale, ho chiesto – in inglese, per tirarmela un po’: “So, is there anyhing you have to refer to your schoolmates?”
“No” mi rispondono secchi. Mi viene un’intuizione fortunata, e domando: “Era qualcosa di personale?”
“Sì.”
Così mi placo. Ricomincio a fare lezione. E poi, finalmente, ore dopo, i colleghi mi raccontano. Malefici…