C’è stata una simulazione della prova di Maturità di matematica. Gli studenti di quinta hanno avuto 5 ore – tutta la mattina – per affrontare una prova simile a quella che troveranno all'esame, con un clima in classe che voleva riprodurre la solennità dell’Esame di Stato. Banchi distanziati. Cellulari e smartwatch depositati sulla cattedra. Niente domande. Foglio da firmare con l’indicazione dell’orario se si ha bisogno di andare in bagno.
I professori della mattina si danno il cambio nella sorveglianza.
Cinque ragazzi della mia classe hanno trovato il modo di imbrogliare. Entrano e lasciano un telefono cellulare sulla cattedra, ma si sono organizzati e in tasca ne hanno un altro.
Passa una mezz’ora e chiedono di andare in bagno. Ci sono app e siti internet dove digitando un quesito matematico, si trova la soluzione. È quello a cui si affidano: vanno nel bagno e guardano lo svolgimento dei calcoli. Ma copiare non è banale: alcuni siti danno la soluzione finale, senza passaggi intermedi. Altri danno l’intero svolgimento dei calcoli, ma molto dettagliato, con tante righe.
I cinque ragazzi non possono trascrivere sulla carta tutti i passaggi, è troppo rischioso. Non hanno nemmeno la preparazione sufficiente a capire il tipo di calcolo e saperlo riprodurre… se fossero così bravi, non avrebbero bisogno di questi sotterfugi. La soluzione più semplice è memorizzare solo il risultato.
Guardano, memorizzano, tornano in classe e lo scrivono sul compito. Poi passano all’esercizio successivo. E devono fare la stessa cosa. L’insegnante di sorveglianza è cambiato. Ma ecco il trucchetto: si può cambiare anche il foglio su cui scrivere l’orario in cui si va in bagno. Se ne prende uno nuovo, dalla pila, e l’insegnante penserà che si esce per la prima volta. Sono diabolici…
Però la prof. di matematica quando ha corretto i compiti si è insospettita per questi risultati stringati, senza nessun passaggio che spiegasse come ci sono arrivati. E un’occhiata ai fogli delle firme ha confermato i dubbi: dolo. E non una sbirciatina al compito del compagno bravo – tutto sommato legittima e comprensibile – ma imbroglio organizzato. Che amareggia e delude.
Cerchiamo di “reagire” in modo adeguato. Alla predica della professoressa, segue una convocazione dalla preside. I ragazzi vengono chiamati in presidenza per una ramanzina “ufficiale”: scorrettezza, fiducia infranta, oltre al rischio di rimetterci l’anno se dovesse ripetersi una cosa simile alla Maturità.
Insomma, alla fine l’unica che – tipo oca giuliva – chiede allegra: “Be’, ragazzi, dovete riferire qualcosa alla classe, di quanto ha detto la preside?” sono io.
La mattina della simulazione era il mio giorno libero, io ho saputo tutta la storia solo a posteriori. Però ero in classe quando è venuta la bidella a chiamare i famigerati cinque per l’incontro con la preside. E i compagni si sono guardati perplessi. Così quando sono rientrati, con delle facce un po’ da funerale, ho chiesto – in inglese, per tirarmela un po’: “So, is there anyhing you have to refer to your schoolmates?”
“No” mi rispondono secchi. Mi viene un’intuizione fortunata, e domando: “Era qualcosa di personale?”
“Sì.”
Così mi placo. Ricomincio a fare lezione. E poi, finalmente, ore dopo, i colleghi mi raccontano. Malefici…
idioti direi, o decisamente immaturi.
Cosi si sono anche giocati un eventuale aiuto da parte dei prof interni all'esame.
Peró non ho capito perché non c'è un foglio unico per tutta la classe per registrare le uscite .