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  • silviabogliolo

Puri e maturi…



Ultimo giorno di esami di Maturità. “Quest’anno in versione facile” dicono molti colleghi: i professori sono tutti membri interni, non c’è lo scritto e il Presidente di Commissione è in molti casi un professore di ginnastica. Tuttavia gli ingredienti di rito degli esami ci sono tutti: l’ansia (immancabile), qualche studente che si impappina o addirittura tace e una discreta collezione di cavolate, che per una volta non vengono accolte con grida e apriti cielo, ma passano in sordina, con un leggero movimento del sopracciglio o un incrociarsi di sguardi tra professori, perché la parola d’ordine è mettere il candidato a proprio agio. Con tutto questo, la ragazza che temevamo non si sarebbe presentata, è effettivamente rimasta a casa. Nei giorni precedenti aveva detto di aver cambiato idea. Stava studiando, pensava di venire e tutti avevamo tirato un sospiro di sollievo. Poi, il giorno prima, la chiamo per un questionario formale legato al Covid e non risponde al telefono. Siamo tutti di nuovo in allarme. È ansia o qualcosa di peggio? Il demone della depressione ha ripreso il sopravvento? Magari è solo lontana dal telefono… Le facciamo scrivere dalla segreteria, contattiamo i genitori: nessuno risponde. Il Presidente ci comunica che se la ragazza dovesse presentare un certificato medico che ne giustifica l’assenza, dovremo fare una sessione straordinaria d’esame a fine luglio. Luglio? Già, luglio. Questa stessa commissione: proprio noi. Siamo pubblici ufficiali: possiamo essere precettati.

In un istante ammutoliamo. La solidarietà che fino a un secondo prima provavamo per la studentessa, sfuma rapidamente. Un professore a metà luglio si sposa. In tanti abbiamo prenotato le vacanze. In un flash ci rivediamo qui, più sudati e incattiviti, per esaminare una candidata che magari ancora una volta potrebbe decidere all’ultimo momento di non presentarsi. Serve una sua dichiarazione: se scrivesse una mail in cui dichiara di non voler sostenere l’esame, saremmo salvi. Potremmo chiudere la sessione, fare gli scrutini, andare tutti a casa. Ci riattacchiamo al telefono, finalmente lei risponde con un WhatsApp. Non se la sente di parlare. Un nuovo moto di compassione e solidarietà: povera ragazza, come devi stare male. Però scrivici queste benedette righe, così finalmente potremo archiviare gli incartamenti di questo annus horribilis e sigillare la busta con l’anacronistica e mai così agognata ceralacca!


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