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  • silviabogliolo

Vaccini – parte seconda


Rieccomi per il secondo appello. Stesso posto, domenica mattina. Mi sento esperta, affronto le scale con energia diretta al secondo piano, ma al primo c’è uno stop inatteso. Gente ferma. Coda. La signora dietro di me si avvicina troppo e glielo dico immediatamente. Dopo qualche minuto un breve progresso ci porta ad affacciarci dal pianerottolo delle scale a una specie di terrazza. Sgomento: la coda è lunghissima! Anche la terrazza è lunghissima, saranno oltre 50 metri, e la coda arriva in fondo e ritorna indietro. 100 metri di coda che scorre lenta. A spanne, è almeno un’ora.

Le reazioni, man mano che la gente svolta l’angolo e vede cosa ci aspetta, sono diverse: qualcuno telefona a casa per lagnarsi e dire che passerà la mattina lì. Altri avvisano amici e colleghi vaccinandi per dare subito la ferale notizia. I più spiritosi tirano fuori l’SMS che abbiamo tutti ricevuto e che con un guizzo di originalità si intitolava “Zerocoda”. Un signore, moduli compilati in mano, dice: “Mi chiedono se ho sintomi influenzali. Scrivo che fino a stamani no, ma in coda mi sono preso il raffreddore!” In effetti fa freddino. Un po’ ci accalchiamo, perché appena la coda scorre cerchiamo tutti di andare avanti il più possibile. Un po’, perché stando vicini arriva meno vento. La signora di prima, però si tiene a distanza, e non alza più gli occhi dal cellulare.

Attivo la modalità attesa: mi guardo intorno. Cerco di capire chi sono tutte quelle persone. L’altra volta erano quasi tutti insegnanti, ed è una tipologia riconoscibile. Ma qui c’è un’umanità più varia. Vedo un cappellino di lana con la sigla Polizia di stato. Ci saranno i “riformati” di tutte le categorie che sono già state vaccinate e che non hanno ricevuto Astra Zeneca. Forze dell’ordine, insegnanti, personale sanitario…

Si procede a scatti di 15 o 20 venti persone alla volta. Gli eletti sono ammessi al secondo piano.

Dopo un’ora e un quarto finalmente salgo anch’io. Su è tutto simile alla volta precedente, ma ci fanno percorrere corridoi diversi e la prima tappa è in una sala con tante file di sedie. Le prime sono già occupate e ci dicono di sederci in fondo. Dalla porta qualcuno chiama “Venti persone”. Le prima file si svuotano ed ecco l’inizio del balletto: la guardia ci dice di scorrere sulle sedie più avanti. È così il sistema di oggi, subito battezzato il “balletto delle sedie” e si ripete anche nella sala successiva. Qui, le sedie sono disposte in circolo, con lo schienale alle pareti. Quando il nostro gruppo di 20 viene ammesso, quelle più vicine alla porta di uscita sono occupate. Ci sediamo diligentemente su quelle libere, ma ora vengono a chiamarne 5 alla volta, e per ogni gruppetto di 5 che vanno, tutti noi scorriamo di 5 posizioni. È una situazione che ha del ridicolo. I più allegri intonano “Giro giro tondo”.

Terza sala: ci danno finalmente un numerino, e siamo liberi di sederci dove vogliamo in attesa del nostro turno. Ora è tutto molto veloce. Accettazione. Colloquio con il medico. C’è un ultimo breve “balletto” nell’anticamera della sala dei vaccini: ci sono quattro sedie e prima che tocchi a noi le proviamo tutte.

Ho come la sensazione che sia “il personale della domenica” ad aver organizzato questo sistema. Dal lunedì al venerdì sono “professionisti”. Sabato e domenica, il turno probabilmente è svolto da personale reclutato per l’emergenza, che ci mette buona volontà ma è meno efficiente. Ho chiesto al medico del mio colloquio cosa facesse quando non c’è l’emergenza vaccinale, ed è un chirurgo specializzato in trapianto di reni. Del resto lui quando ha saputo che ero un’insegnante mi ha chiesto se è solo suo figlio, bambino delle elementari, disperato perché non va a scuola. “No, c’è anche un mio alunno, felicissimo di venire a scuola, perché la mamma è un filo troppo apprensiva e gli sta sempre addosso.” Ci penso dopo che forse non era la risposta giusta… Ormai ha firmato il mio modulo, speriamo che non sia stato per vendetta.


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